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Fatture false nel Pdl, il caso arriva fino a Viterbo

Indagini partite da denunce presentate nei confronti del direttore del quotidiano locale Paolo Gianlorenzo e che vedrebbero coinvolti altri noti esponenti politici

Partire da una querela per “mala gestio” di un quotidiano locale fino ad arrivare a  tentata estorsione. Questa la complessa vicenda che vede oggi indagati il sindaco di Viterbo Marini e l’assessore Birindelli.

Le indagini della Procura di Viterbo sono infatti partite a marzo da una denuncia sporta da alcuni cittadini alla fine dello scorso anno a cui poi si sarebbero aggiunti altri esposti da parte dei collaboratori di Paolo Gianlorenzo, direttore del quotidiano locale viterbese l’Opinione, e Viviana Tartagliani giornalista dello stesso quotidiano a causa di una drastica riduzione dello stipendio.
Vittime della tentata estorsione sarebbero il consigliere regionale Francesco Battistoni e il sindaco di Grotte di Castro e presidente del consiglio provinciale Piero Camilli. Entrambi del Pdl. Nella denuncia sporta dai colleghi di Gianlorenzo si parlava di una centrale a biomasse che Camilli si era impegnato a far realizzare con gli editori di Gianlorenzo, ma in seguito lo stesso sindaco di Grotte di Castro si sarebbe tirato indietro portando il direttore della testata locale a reagire con offese e minacce. Indagine, quella della Procura nei confronti dei due giornalisti che a distanza di poco tempo avrebbe portato a iscrivere nel registro degli indagati anche l’assessore regionale all’agricoltura Angela Birindelli. L’ipotesi di reato: concorso in tentata estorsione e corruzione. A denunciarla sarebbe stato proprio il consigliere regionale Francesco Battistoni, secondo cui la Birindelli avrebbe commissionato 18 mila euro di inserzioni pubblicitari sull’attività del suo assessorato, in cambio delle quali il quotidiano diretto da Gianlorenzo avrebbe organizzato una campagna stampa contro lo stesso Battistoni. Tra gli episodi sospetti diversi articoli comparsi sul quotidiano e proprio contro il consigliere Battistoni e un sms dal contenuto minatorio che sarebbe stato inviato da Gianlorenzo a Battistoni. Il direttore del Quotidiano sembrerebbe infatti affermare di essere in possesso di alcuni documenti di cui Battistoni conosce bene il contenuto e che intenderebbe pubblicare a meno che il consigliere non venga incontro. Forse il direttore della testata locale voleva qualche finanziamento?  E le indagini portate avanti dalla Procura di Viterbo sarebbero legate anche ad un’altra denuncia per diffamazione a mezzo stampa presentata dai legali di Battistoni e da due aziende viterbesi, sempre contro Gianlorenzo che il 14 settembre scorso, avrebbe pubblicato su un sito web una decina di fatture relative alle spese sostenute da Battistoni. Fatture che secondo il procuratore capo Alberto Pazienti “sono evidentemente e grossolanamente alterate o completamente falsificate .

Ma sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti sarebbero finiti anche quei finanziamenti dell’Unione Europea direttamente gestiti dalla Birindelli. L’indagine dovrà stabilire se quei fondi sono stati erogati ai soggetti e con le modalità previste dalla legge. Motivo per cui il pm Massimiliano Siddi ha disposto la perquisizione e l’acquisizione di alcuni documenti. E ai 18 mila euro di pubblicità pagati al quotidiano di Gianlorenzo, dai documenti sequestrati, ci sarebbero quelli riguardanti gli incentivi del Piano di sviluppo rurale 2011. Si parla di circa 100 milioni di euro di fondi comunitari.

Ora “tra l’inchiesta sull’assessore regionale Angela Birindelli e quella sulle fatture false (incluse quelle del cosiddetto dossier Battistoni) ci sono identità oggettive e soggettive. E c’è un personaggio che compare in entrambe le vicende”: Fiorito.
Infatti, proprio su quel dossier pubblicato da Gianlorenzo, è stato lo stesso giornalista a sostenere che gli era stato consegnato da qualcuno “vicino” a Fiorito. Nonostante quest’ultimo abbia negato di aver mai incontrato Gianlorenzo.
Un’indagine a più fili quella che vede il giornalista e l’assessore regionale iscritti sul registro degli indagati, che avrebbe portato gli inquirenti a varcare anche i confini del Lazio per recarsi fino a Verona presso gli uffici dell’Ente autonomo per le fiere. Trasferta che avrebbe portato ad ampliare ancora di più le indagini. Che questa volta riguarderebbero la procedura di affidamento dei servizi di gestione e di allestimento del padiglione (costato 1 milione 652 mila euro per l’edizione 2012). Fiera affidata direttamente a Verona Fiere Spa.

Inchiesta, quest’ultima che vedrebbe ora iscritto sul registro degli indagati anche il sindaco di Viterbo Giulio Marini per abuso d’ufficio. Secondo il pm, il primo cittadino potrebbe aver avuto qualche ruolo nell’affidamento del padiglione del Lazio.
Ad insospettire gli inquirenti sarebbe il cambiamento d’impostazione per l’organizzazione del Vinitaly. Mentre infatti fino allo scorso anno era l’Arsial ad occuparsi della questione, quest’anno l’Agenzia regionale è stata estromessa e l’assessorato regionale all’Agricoltura avrebbe affidato in via esclusiva all’Ente autonomo fiere di Verona che non avendo fatto subappalti, come dichiarato dalla stessa Birindelli, era presente in esclusiva. Al contrario dell’anno precedente.

“Anomalia” che avrebbe tirato dentro il calderone anche il sindaco Marini, ascoltato per quasi cinque ore dagli inquirenti. E proprio Marini, al termine dell’interrogatorio avrebbe detto di “aver chiarito la mia posizione. È stato un colloquio cordiale e sereno. Ho risposto a tutte le domande che mi sono state poste. Finalmente mi sono tolto un dente”.
E se da una parte il primo cittadino viterbese, era stato messo sotto torchio dagli inquirenti, dall’altra parte l’assessore Birindelli rassegnava le sue dimissioni.

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